Lo scorso 4 agosto, Franco Mastrogiovanni è stato trovato morto in un
letto dell’ospedale di Vallo della Lucania. Non era stato ricoverato
per un malore, a quel letto Franco era legato. È stata la sua ultima
esperienza con la “giustizia”. Nel 1972 fu aggredito con altri due
anarchici da un gruppo di fascisti. Uno dei suoi compagni, Giovanni
Marini, disarmò uno degli aggressori e lo colpì con il suo stesso
coltello. Marini passò nove anni in galera per essersi difeso, Franco
fu ferito ad una gamba e fu prosciolto dopo aver passato diversi mesi
in carcere.
Nel 1999 per aver commesso il grave crimine di aver protestato per
una multa fu arrestato e pestato dai carabinieri e poi imprigionato per
resistenza e oltraggio. Anche questa volta mesi di galera e poi
prosciolto.
Non c’è da meravigliarsi del fatto che Franco aveva sviluppato una
forte avversione per le forze dell’ordine: quando ne vedeva preferiva
andare altrove. Purtroppo non aveva torto.
Il 31 luglio, per motivi a tutt’oggi sconosciuti (si parla di
assurdità come “aveva guidato contromano”), polizia municipale,
carabinieri, guardia costiera e infermieri lo hanno accerchiato in un
campeggio a San Mauro Cilento, dove si trovava in vacanza.
Fatto sta che Franco sale sull’ambulanza senza opporre resistenza,
pronunciando le seguenti parole "se mi portano all’ospedale di Vallo
della Lucania, non ne esco vivo".
Era una persona notoriamente pacifica ed era benvoluto anche per
come faceva il suo lavoro, il maestro elementare. Eppure questo non è
stato il primo t.s.o. che Franco ha subito; questa volta i psicofarmaci
e la lunga contenzione l’hanno ucciso.
Il trattamento sanitario obbligatorio (t.s.o.) obbliga il paziente
a subire almeno 48 ore di psicofarmaci, letti di contenzione e camicie
di forza, qualora presenti “alterazioni psichiche” tali da richiedere
un trattamento di urgenza, non sia possibile ricoverarlo in strutture
extra-ospedaliere o rifiuti di sottoporsi volontariamente a terapia
psichiatrica.
In sostanza, per essere sottoposti a un t.s.o. basta una
segnalazione da parte di un cittadino qualsiasi riguardo un qualsiasi
comportamento anomalo, il parere di un medico e di uno psichiatra, la
firma del sindaco del comune di residenza e la notifica di un giudice
tutelare perché il trattamento duri più di 48 ore. È evidente quanto
sia cruciale in questo processo il giudizio dello psichiatra, quindi
non possiamo fare a meno di esprimere il nostro parere sulla natura
totalmente arbitraria e inconsistente della psichiatria in quanto
scienza medica: se per "psiche" vogliamo intendere l’animo, l’umore, lo
stato emotivo e i conseguenti comportamenti, possiamo ben capire che è
determinata dalle diverse circostanze della vita. Un disagio psichico
non può essere qualcosa generato da una disfunzione di un organo (in
questo caso il cervello) e non si può quindi "curare" con i mezzi della
medicina tradizionale.
Diventa palese quanto la psichiatria sia, piuttosto, uno strumento di
oppressione destinato a colpire quanti non si allineano ai
comportamenti standard imposti da questa società: può essere molto
facile guadagnarsi un t.s.o. con un comportamento ritenuto “deviante”
e, una volta subito il primo, qualsiasi tipo di segnalazione causa un
ulteriore ricovero coatto. Dalla cosiddetta "abolizione" dei manicomi
(1978) sono più di 600.000 le persone ad aver subito il t.s.o.,
migliaia di loro hanno subito danni permanenti alla propria integrità
psicofisica a causa dei trattamenti, molti sono morti, anche se è raro
che lo si venga a sapere. Così anche la psichiatria si garantisce il
proprio posto da aguzzino in una società dove l’ossessione per la
sicurezza ha causato la progressiva militarizzazione dei luoghi
pubblici e questo clima pesantemente bigotto e forcaiolo che va
continuamente a minare le libertà individuali.
Non ci imbarcheremo in una richiesta di processi equi e
incarcerazione dei colpevoli: questo è un compito che lasciamo a chi ha
fiducia nelle istituzioni democratiche, nello stato e nel suo braccio
armato, coloro i quali sono in definitiva i primi responsabili di
questo assassinio. Franco li ha sempre temuti e odiati e da loro è
stato costantemente perseguitato. Franco non avrà giustizia in un’aula
di tribunale, non avrà giustizia fin quando un altro uomo o un’altra
donna saranno vittima del carcere e della psichiatria.
letto dell’ospedale di Vallo della Lucania. Non era stato ricoverato
per un malore, a quel letto Franco era legato. È stata la sua ultima
esperienza con la “giustizia”. Nel 1972 fu aggredito con altri due
anarchici da un gruppo di fascisti. Uno dei suoi compagni, Giovanni
Marini, disarmò uno degli aggressori e lo colpì con il suo stesso
coltello. Marini passò nove anni in galera per essersi difeso, Franco
fu ferito ad una gamba e fu prosciolto dopo aver passato diversi mesi
in carcere.
Nel 1999 per aver commesso il grave crimine di aver protestato per
una multa fu arrestato e pestato dai carabinieri e poi imprigionato per
resistenza e oltraggio. Anche questa volta mesi di galera e poi
prosciolto.
Non c’è da meravigliarsi del fatto che Franco aveva sviluppato una
forte avversione per le forze dell’ordine: quando ne vedeva preferiva
andare altrove. Purtroppo non aveva torto.
Il 31 luglio, per motivi a tutt’oggi sconosciuti (si parla di
assurdità come “aveva guidato contromano”), polizia municipale,
carabinieri, guardia costiera e infermieri lo hanno accerchiato in un
campeggio a San Mauro Cilento, dove si trovava in vacanza.
Fatto sta che Franco sale sull’ambulanza senza opporre resistenza,
pronunciando le seguenti parole "se mi portano all’ospedale di Vallo
della Lucania, non ne esco vivo".
Era una persona notoriamente pacifica ed era benvoluto anche per
come faceva il suo lavoro, il maestro elementare. Eppure questo non è
stato il primo t.s.o. che Franco ha subito; questa volta i psicofarmaci
e la lunga contenzione l’hanno ucciso.
Il trattamento sanitario obbligatorio (t.s.o.) obbliga il paziente
a subire almeno 48 ore di psicofarmaci, letti di contenzione e camicie
di forza, qualora presenti “alterazioni psichiche” tali da richiedere
un trattamento di urgenza, non sia possibile ricoverarlo in strutture
extra-ospedaliere o rifiuti di sottoporsi volontariamente a terapia
psichiatrica.
In sostanza, per essere sottoposti a un t.s.o. basta una
segnalazione da parte di un cittadino qualsiasi riguardo un qualsiasi
comportamento anomalo, il parere di un medico e di uno psichiatra, la
firma del sindaco del comune di residenza e la notifica di un giudice
tutelare perché il trattamento duri più di 48 ore. È evidente quanto
sia cruciale in questo processo il giudizio dello psichiatra, quindi
non possiamo fare a meno di esprimere il nostro parere sulla natura
totalmente arbitraria e inconsistente della psichiatria in quanto
scienza medica: se per "psiche" vogliamo intendere l’animo, l’umore, lo
stato emotivo e i conseguenti comportamenti, possiamo ben capire che è
determinata dalle diverse circostanze della vita. Un disagio psichico
non può essere qualcosa generato da una disfunzione di un organo (in
questo caso il cervello) e non si può quindi "curare" con i mezzi della
medicina tradizionale.
Diventa palese quanto la psichiatria sia, piuttosto, uno strumento di
oppressione destinato a colpire quanti non si allineano ai
comportamenti standard imposti da questa società: può essere molto
facile guadagnarsi un t.s.o. con un comportamento ritenuto “deviante”
e, una volta subito il primo, qualsiasi tipo di segnalazione causa un
ulteriore ricovero coatto. Dalla cosiddetta "abolizione" dei manicomi
(1978) sono più di 600.000 le persone ad aver subito il t.s.o.,
migliaia di loro hanno subito danni permanenti alla propria integrità
psicofisica a causa dei trattamenti, molti sono morti, anche se è raro
che lo si venga a sapere. Così anche la psichiatria si garantisce il
proprio posto da aguzzino in una società dove l’ossessione per la
sicurezza ha causato la progressiva militarizzazione dei luoghi
pubblici e questo clima pesantemente bigotto e forcaiolo che va
continuamente a minare le libertà individuali.
Non ci imbarcheremo in una richiesta di processi equi e
incarcerazione dei colpevoli: questo è un compito che lasciamo a chi ha
fiducia nelle istituzioni democratiche, nello stato e nel suo braccio
armato, coloro i quali sono in definitiva i primi responsabili di
questo assassinio. Franco li ha sempre temuti e odiati e da loro è
stato costantemente perseguitato. Franco non avrà giustizia in un’aula
di tribunale, non avrà giustizia fin quando un altro uomo o un’altra
donna saranno vittima del carcere e della psichiatria.
Anarchici campani contro la psichiatria