Di seguito
il volantino che è stato distribuito in piazza Gramazio, a Benevento,
dov’è situato l’Ufficio Scolastico Provinciale, il cui tetto è occupato
da oltre una settimana da un gruppo di precarie della scuola che si
oppongono ai tagli finanziari alla scuola operati dalla riforma Gelmini.
PRECARI… ANCORA UNO SFORZO!
Care e
cari compagne/i precari/e della scuola, compagni perché una condizione
di subordinazione sociale ci accomuna in questo mondo,
mi chiamo A. (l’anonimato è necessario per tutelarmi da quelli che
forse qualcuno di voi, purtroppo, non reputa dei cani in divisa) e sono
quello che potrebbe definirsi il prototipo classico del precario.
Oltre a
studiare ancora, lavoro in un call center per una grossa compagnia
telefonica nazionale. Ho un contratto a progetto della durata di 5
mesi.
In realtà non si tratta che di carta igienica. Le mie condizioni di
lavoro non corrispondono affatto a quelle descritte nel contratto.
Guadagno 3,50 euro LORDI all’ora, meno del minimo sindacale nazionale.
Se non lavoro perché malato non guadagno. Non ho ferie di alcun tipo,
figurarsi parlare di tredici o quattordicesima.
Naturalmente tutto ciò non risulta dai registri delle istituzioni
preposte alla tutela dei lavoratori. Le ispezioni, quando ci sono,
vengono concordate con l’azienda, questo significa semplicemente che
quel giorno dalla direzione ci dicono di aspettare in strada fino alla
dipartita degli ispettori.
I miei
padroni ritengono che, nel momento in cui io o i miei colleghi non
stipuliamo contratti telefonici con i clienti (a cui rompiamo l’anima
per giorni), non siamo produttivi, nonostante noi in pratica gli
regaliamo 8 ore della nostra vita. Tutti i giorni. Per un lavoro
socialmente inutile, alienante e monotono (8 ore a ripetere sempre le
stesse frasi ai malcapitati dall’altro lato della cornetta con le
telefonate che partono dal computer in automatico ogni 15 secondi),
fastidioso (siamo maledetti da tutti quelli che contattiamo
telefonicamente ad ogni ora del giorno e della notte… sarà capitato
anche a voi). E non ci licenziano direttamente (naturalmente da
contratto non possono perché in teoria noi siamo dei “liberi
professionisti”), ma ci costringono alle dimissioni nel momento in cui
ritengono che “la nostra resa sia calata”.
Venendo a
Noi. Ho seguito le vostre “lotte”, la vostra “occupazione” del tetto
dell’USP, il vostro (con tutti i suoi limiti) darvi da fare. Ma,
nonostante nello scontro tra Lavoro e Capitale io stia sempre dalla
parte di chi è sfruttato, non posso solidarizzare attivamente con voi
che piano piano non solo volete stringervi la corda al collo con le
vostre stesse mani, ma che, con le vostre “lotte” rivendicative e
riformiste, non fate che tracciare un sentiero che atrofizza ogni tipo
di reale attrito con l’esistente delle altre categorie lavorative e
non, oltre a diventare nemici di voi stessi e dei vostri interessi.
Di questa società e dei suoi meccanismi nulla va salvato.
Non ci si può battere contro il lavoro precario rivendicando la
schiavitù salariale a tempo indeterminato. Io non voglio che i miei
padroni mi assumano a tempo indeterminato per fare l’operatore
telefonico. Voglio vedere bruciare i call center perché dannosi per la
mia e l’altrui salute. E lo stesso vale per la scuola dello Stato, così
come la scuola dei preti, o quella dei Berlusconi. L’unica scuola che
mi piacerebbe vedere funzionare è quella autogestita da chi la vive e
finalizzata allo sviluppo pieno delle potenzialità di ogni individuo
(l’insegnamento è un processo reciproco tra alunno e insegnante), e non
asservita agli interessi dello Stato e del Capitale, volta alla
formazione di eserciti di schiavi.
Il vostro
presidio è diventato una passerella per i politici locali e nazionali
di ogni colore, e mi ha rattristato parecchio che nessuno di voi gli
abbia, come minimo, sputato in faccia. I toni con la polizia sono stati
sempre pacati o addirittura amichevoli, ma ricordate che saranno le
divise a privarvi della libertà quando la vostra lotta sarà stata
recuperata dalle istituzioni e vi troverete senza soldi e senza lavoro
costretti a “rubare” per sfamare i vostri figli.
Continuate
a chiedere tavoli istituzionali per trattare non si sa bene cosa, ma
non vi siete accorti che i tempi delle trattative sono finiti da
parecchio e che è giunto il momento di ribaltare qualsiasi tavolo o di
chiederne solo per romperli in testa ai padroni o per alzare le
barricate (vere) nelle strade e nelle piazze!?
Un salto
qualitativo nella lotta è necessario se non si vuole essere schiacciati
dal nemico con cui non si può che arrivare ai ferri corti.
Spero di incontrarvi sulle barricate insieme ai miei compagni.
Contro lo Stato e contro il Capitale. Per la Rivoluzione Sociale.
Gruppo Anarchico “Senza Patria”, Benevento