siamo uomini o caporali?

“Viva
l’Anarchia, abbasso l’esercito! Fratelli, ribellatevi!”

Dalla mattina del 30
ottobre 1911, in cui Augusto Masetti(1) urlò
queste parole nella caserma Cialdini di Bologna è passato quasi un
secolo, ma il suo messaggio attende ancora di essere raccolto.
Invitando i suoi commilitoni a rivolgere le armi verso i propri
comandanti, egli svelava ad un tempo la natura dell’esercito e del
colonialismo italiano in Africa, che poi è la natura di tutte le
guerre e di tutti i colonialismi: nelle parole di Paul Valéry, “un
massacro fra uomini che non si conoscono a vantaggio di uomini che si
conoscono ma eviteranno di massacrarsi reciprocamente”. Augusto fu
internato in manicomio per il timore che la sua esecuzione avrebbe
partorito, oltre che un eroe, un’assai probabile insurrezione. Moti
insurrezionali, antimilitaristi ed anticlericali, infatti, l’Italia
li aveva conosciuti due anni prima, come reazione alla fucilazione di
un altro anarchico, in Spagna: Francisco Ferrer y Guardia(2).
Accusato di essere fomentatore dei moti contro la guerra in Marocco,
come se le insurrezioni possano avere un mandante, fu fucilato il 13
ottobre del 1909 a Barcellona. La sua colpa più grave fu quella di
essere anarchico e di essere fondatore della Scuola Moderna: una
scuola laica, mista e razionalista che il potere clericale non poteva
lasciar sopravvivere. I reazionari di oggi possono permettersi il
lusso di essere d’accordo a parole con il pensiero pedagogico di
Ferrer, semplicemente perché le parole non hanno più senso. A
questo svuotamento di significato è deputata, insieme ai media,
proprio la scuola laica (la religione è facoltativa), mista (da
quest’anno le ragazze possono iscriversi persino alla Nunziatella!)
e razionalista (“tecnologie”, “innovazione” e “centralità
dello studente” sono sulla bocca di tutti gli “esperti”).

In quest’ottica si
inserisce il progetto “La pace si fa a scuola”, lanciato a
dicembre 2006 dal Governo Prodi con l’intento di provare, nelle
parole dell’allora ministro Parisi, che “indossare l’uniforme
e cercare la pace non è un paradosso, ma la condizione ordinaria
delle nostre Forze Armate”
. Come si cerchi poi questa pace, lo
spiega il Generale Goffredo Canino in un’intervista sul tema
dell’addestramento al Corriere della Sera: “ridotto all’osso
il compito è insegnare a uccidere bene e farsi ammazzare poco”
.
Il tour promozionale dell’esercito toccherà a breve le scuole
campane(3). Gli studenti potranno provare l’ebrezza
di “scattare sull’attenti all’alzabandiera, scandire le
parole dell’Inno Nazionale, conosciuto da pochi ma imparato
all’istante dagli altri, attendere a riposo ed ascoltare in
silenzio le disposizioni impartite”
(sono parole di
un’insegnante di Brescia, entusiasta dell’esperienza del 2008).
Una giornata diversa, insomma, passata in compagnia di gente che, in
fondo, fa “un mestiere come un altro”.

In effetti, sempre più
simile alla professione del soldato stanno diventando tutte le altre;
con medici e presidi scolastici tenuti a scovare clandestini e ogni
dipendente pubblico trasformato in un pubblico ufficiale. Ma, forse,
sarebbe più giusto dire che è l’unico mestiere disponibile, visto
che gli altri, evidentemente, sono diventati inutili: dal soccorso ai
terremotati, alla raccolta di immondizia, all’insegnamento
scolastico; ormai sembra normale che tutto sia competenza di una
forza armata. Quindi, ecco accontentate tutte quelle famiglie che
vorrebbero una scuola in cui si impara qualcosa di utile per una
professione futura: arrivano i soldati a spiegare come si difende la
democrazia in Italia e all’estero, ricavandone uno stipendio sicuro
che, specie dalle nostre parti, non è poco.

Anche in tempi di crisi e
disoccupazione sono pronti 12000 nuovi posti per questo genere di
“lavoratori”. L’anno scorso, quasi il 70% delle domande di
assunzione proveniva dalla Campania. È la legge del mercato, dice
qualcuno: “meglio che andare a rubare”. In realtà, non è poi
tanto meglio: si tratta solo di farlo per conto terzi. Che si
traffichi rifiuti tossici con la Somalia, oppio con l’ Afghanistan,
petrolio con l’ Iraq o esseri umani con la Libia; questo al soldato
non deve interessare. Obbedire agli ordini e difendere l’interesse
nazionale deve bastare a mettersi a posto la coscienza. Tanto più se
oggi la guerra non viene giustificata, come ai tempi di Masetti, in
nome della convenienza e della facilità a sottomettere popoli
sottosviluppati. Oggi, proprio in base alla presunta superiorità
occidentale, la guerra avviene in nome della “solidarietà” (per
salvare i barbari dalla barbarie) e, anche se con qualche polemica,
il presidente degli USA può intascare un milione di dollari, a
titolo di premio Nobel per la pace. Niente di strano, in una società
che chiama eroi i parà della Folgore, accoglienza la segregazione
degli immigrati, cure mediche le violenze psichiatriche, solidarietà
una transizione bancaria ed educazione la sottomissione alla
gerarchia. Questa schifosa ipocrisia mista ad ignoranza, che ha
stravolto il senso delle parole, coinvolge tutti perché inizia a
corrompere in famiglia e a scuola. Entrambe queste istituzioni
tengono nascosto ai giovani il posto che gli industriali e i padroni
del mondo hanno riservato all’80% dell’umanità: “massa
eccedente”, “ostacoli umani”(4) ed altre
simili espressioni, un po’ brutali forse, ma difficilmente
equivocabili. Dall’adolescente al neolaureato, dal precario dei
callcenter a quello dell’università, un unico destino: vivere, se
tutto va bene, di apprendistato, sottopagato perché rimpiazzabile,
sorvegliato perché plausibilmente insoddisfatto e dunque pericoloso.
Oppure, per i più fortunati, accedere ad un “benessere” fatto di
schiavitù verso un lavoro socialmente dannoso e malattie legate allo
sviluppo del sistema militar-industriale di cui questo lavoro
necessariamente fa parte. Tutto, ovviamente, senza sentirsi in minima
parte responsabili della propria condizione, figuriamoci poi di
quella degli altri: la scelta tra lavorare in una banca, un
supermercato, un’ “industria ecologica” o una fabbrica d’armi,
tutto sommato, non cambia niente rispetto al resto del mondo. Quello
che ci circonda non è nostra responsabilità, perché ci hanno detto
che non è di nostra competenza: gente circondata da soldati, che
ragiona come un soldato.

Il terzo mondo non
esiste, se non è proprio qui(5). Per questo
vogliono che ci abituiamo ai militari. Per questo ogni gesto volto ad
impedire le aggressioni militari italiane all’estero, è un atto di
solidarietà e di amore, soprattutto verso sé stessi. Così come
dovrebbe essere l’amor proprio a spingerci a riappropriarci tanto
del significato delle parole, quanto delle nostre responsabilità.
Riappropriazione che potrebbe cominciare proprio dalla scuola (dal
latino “schola”, a sua volta dal greco “scholé”, tempo
libero, ozio), luogo preposto all’educazione (dal latino “e
ducere”, condurre fuori) ossia alla liberazione individuale e
collettiva. Un luogo, dunque, che non dovrebbe aver nulla a che fare
con la gerarchia militare né con gli esperimenti di controllo
psichiatrico(6) che pure vi hanno preso piede
negli ultimi anni. Ma un luogo che non dovrebbe avere neppure a che
fare con quelli che oggi sono i cardini della scuola statale e che, a
ben vedere, dalla cultura militare discendono: l’obbligo, il cui
corollario è il carcere per gli evasori e la violenza su tutti(7),
e il merito, che inevitabilmente porta con sé premi, castighi,
competizione e gerarchia. Per questa ragione ci pare inammissibile la
posizione di coloro che difendono la scuola che essi chiamano
pubblica, ma che comunque vogliono finanziata dallo stato. Anche a
noi fa rabbia che lo stato italiano investa miliardi di euro in
attrezzature belliche, basi NATO e parate militari, ma non ci
facciamo illusioni sulla possibilità di dirottare il denaro verso un
economia pulita che, probabilmente, non è mai esistita. Non ha senso
chiedere, ad esempio, che le spese belliche vengano convertite in
spese per la ricerca universitaria, semplicemente perché dietro le
voci “ricerca universitaria” e “ricerca militare”, possono
nascondersi esattamente le stesse attività.

Il Mercato vive di vita
propria e, fin quando esisterà, avrà molto a che fare con le armi e
gli eserciti.

Gli industriali che
producono armi e ricerca militare sono le stesse persone impegnate
nel business dell’umanitario insieme a Chiesa, Croce Rossa e
Protezione Civile(8). La tecnologia civile è
indistinguibile da quella militare, e lo sarà sempre di più col
ritorno del nucleare(9).

Antropologi, psicologi,
medici, biologi, fisici, chimici e matematici sono, più o meno
consapevolmente, coinvolti nell’industria militare. Siamo
circondati da basi NATO e fabbriche di armi(10). La
macchina bellica lavora ogni giorno a diretto contatto con le nostre
vite. Per questa ragione è possibile e necessario incepparla.

NOTE

(1) Il 4 Novembre
l’Italia festeggia le sue Forze Armate e una “vittoria”, quella
della Prima Guerra Mondiale, fatta di milioni di morti e centinaia di
migliaia di disertori. A questi ultimi fu dedicata un azione il 4
novembre 2006, dai compagni di Benevento, assolti a giugno di
quest’anno per un vizio di forma dal reato di “Vilipendio delle
Forze Armate”. Questo il testo incriminato: Proprio perché
siamo contro tutti gli eserciti, contro la violenza legale degli
Stati, contro l’autoritarismo e la gerarchia abbiamo deciso di
sostituire in questo giorno la targa presente nella nostra città
intitolata ai mercenari italiani morti a Nassirya in una delle ultime
guerre imperialiste,  guerra che in questo caso puntava
alla conquista di qualche pozzo di petrolio spacciandosi per guerra
umanitaria. L’abbiamo sostituita con una targa in memoria di
Augusto Masetti, muratore, anarchico che il 30 ottobre 1911, nella
caserma Cialdini di Bologna costretto alla partenza per la guerra di
Libia espresse il suo netto rifiuto esplodendo un colpo col suo
fucile contro il tenente colonnello cavalier Stroppa, incitando i
suoi commilitoni a ribellarsi e a vendicare i compagni caduti in
Africa. Masetti rappresenta per noi uno dei più alti esempi di
diserzione, il soldato che disse no alla guerra!

(2) Ferrer occupa un
posto importante, tanto nella storia dell’anarchismo quanto in
quella della pedagogia, essendo la sua opera alla base di quel
processo che culminerà con la Rivoluzione Sociale del ’36
spagnolo, ma anche fonte di ispirazione per innumerevoli riflessioni
pedagogiche e concrete esperienze educative libertarie sino ai giorni
nostri. Su Ferrer e la Scuola Moderna si vedano i testi editi in
Italia dalla Casa Editrice “Il Vulcano” e, in spagnolo, il video
“Viva la Escuela Moderna Francisco Ferrer” reperibile su
internet. Su internet si possono trovare anche molte informazioni
riguardo alla pedagogia libertaria partendo, ad esempio,
dall’indirizzo http://ita.anarchopedia.org/Pedagogia_libertaria.

(3) L’istituzione
preposta a questo genere di pubblicità è il Centro Documentale di
Napoli, situato in via Lahalle 55, del Comando Militare Esercito
“Campania”. Dopo il tour estivo che ha toccato 18 località
campane (su 100 in Italia), le attività di promozione e reclutamento
dell’esercito stanno entrando direttamente nelle scuole, con tanto
di crediti formativi in offerta per gli studenti. Le prossime
attività sono previste per il 4 novembre in caserme, aeromobili e
navi delle Forze Armate; mentre l’8 novembre si svolgerà, in una
piazza centrale di Napoli, una manifestazione militare con attività
dimostrative dell’esercito, bande militari, mostre storiche,
informazioni sul reclutamento e gara podistica (V. prot. 12989 e
12995 del Ministero dell’Istruzione, reperibili in rete).

(4) È interessante
osservare che la considerazione in cui è tenuta la popolazione non
dipende dalla collocazione geografica né economica del paese
d’origine: se la definizione di “ostacoli umani” è dovuta
all’autorità di Dakar, quella ancor più degradante di “surplus
people”, proviene da una covention svoltasi nel 1995, nientemeno
che al Fairmont Hotel di San Francisco. In essa, 500 tra i principali
esponenti del capitalismo del primo mondo, tra politici, imprenditori
e intellettuali, si riunirono per “decidere delle prospettive del
mondo nel nuovo millennio che porta ad una nuova civiltà” (V. in
internet “Le mani sulla scuola”).

(5) Il sistema
militar-industriale non usa come sversatoio di rifiuti tossici e
palestra di ingegneria sociale soltanto la Somalia o il Niger. Basti
pensare alla gestione militare dell’ “emergenza rifiuti” in
Campania o di quella “terremoto” a l’Aquila, conclusasi una con
la copertura da segreto militare di tutte le discariche di rifiuti e
l’altra con la segregazione e l’isolamento dei terremotati in
campi di sorveglianza. Una luce inquietante su questi episodi la
getta la lettura del rapporto “NATO urban operations in the year
2020” che riguarda la progressiva militarizzazione delle aree
urbane: entro il 2020 il 75% dell’umanità vivrà in vaste aree
urbane ed è quindi nelle popolazioni sempre più povere delle città
che gli esperti individuano un nemico da combattere, con mezzi
diversi da quelli tradizionali. Le “città di interesse strategico”
individuate dal rapporto non sono Bombay o Teheran, ma città del
“primo mondo” come Rouen e Le Havre in Francia.

(6) L’intervento
psichiatrico nelle scuole ha condotto, negli Stati Uniti, ad una vera
e propria intossicazione di massa, con milioni di ragazzi schedati
come “iperattivi” e obbligati a “curarsi” con il Ritalin. Il
fenomeno è stato arginato dalla scoperta di finanziamenti Novartis,
la ditta produttrice del farmaco, alle associazioni parentali che ne
propagandavano l’utilizzo nelle scuole. Da qualche anno, la
Novartis ha spostato la sua attenzione dagli Stati Uniti all’
Italia, dove è presente tanto il mega stabilimento di Torre
Annunziata, quanto un efficiente apparato di propaganda psichiatrica
nelle scuole. Non manca neanche, sul modello americano,
un’associazione di vittime del “disturbo dell’attenzione e
iperattività”, dietro cui si nascondono i coniugi napoletani
d’Errico finanziati dalle aziende farmaceutiche (V. www.aifa.it).
Sul tema della lotta alla psichiatria si terrà un incontro a Napoli,
presso lo spazio anarchico 76 A di via Ventaglieri, a fine Novembre.
Si parlerà, tra l’altro, dell’ennesima morte di psichiatria:
l’insegnante elementare anarchico Francesco Mastrogiovanni, morto
ad agosto, dopo essere stato legato per giorni ad un letto di
contenzione dell’ospedale di Vallo della Lucania, senza che alcuna
autorità abbia ancora trovato uno straccio di motivazione per
giustificare il trattamento sanitario obbligatorio.

(7) Emblematica, a tal
proposito, la scelta del Ministro Gelmini del luogo di inaugurazione
dell’anno scolastico 2009: il carcere minorile di Nisida,
protagonista pochi giorni prima di una rivolta finalizzata
all’evasione. Ogni anno, circa duemila ragazzi vengono costretti a
studiare e a lavorare in questa struttura, con la scusa del
reinserimento. I militari della base NATO adiacente il carcere,
avevano affisso un cartello visibile fino a qualche anno fa: VIETATO
OSSERVARE.

(8) L’etica del soccorso
ai bisognosi, con cui da sempre la Chiesa accompagna il colonialismo,
copre gli affari miliardari tanto delle banche vaticane, quanto
quelli di organizzazioni fintamente umanitarie come la Croce Rossa,
che in Italia chiude a chiave gli immigrati senza documenti o la
Protezione Civile, che gestisce le “emergenze” fianco a fianco
con l’esercito.

(9) Gli Stati Uniti e
l’Italia hanno firmato a settembre un accordo di cooperazione in
materia nucleare mediante il quale compagnie nordamericane
collaboreranno nella costruzione di circa 12 reattori, per un costo
tra i 3 e i 4 miliardi di dollari. La lotta al nucleare, per cui il
nostro compagno Marco Camenish sta scontando decenni di carcere,
potrebbe tornare presto d’attualità.

(10) Alle innumerevoli
basi NATO presenti in Campania, stanno per aggiungersi i 15 ettari
destinati ad ospitare 20 mila militari a Giugliano (costruzione che
avviene nel silenzio generale, V. in rete gli articoli del Comidad, sul sito www.comidad.org)  e
il Comando Africom di Bagnoli. Per comprendere il nesso tra le
operazioni del colonialismo americano e l’industria armiera italiana,
basta confrontare il lungo elenco di fabbriche di morte disseminate
sulla penisola (V. il sito romperelerighe.noblogs.org)
con il Rapporto stilato dal Parlamento in materia di esportazioni di
armi
(http://www.governo.it/Presidenza/UCPMA/Rapporto_2008/RAPPORTO_2008.pdf).

Anarchici

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