Da
Brembio a Rosarno
Autorganizzazione
ovunque contro il nuovo schiavismo
La rivolta degli immigrati a Rosarno è
l’ennesima dimostrazione che la pentola è ormai colma; ed è in
continua, e sempre più potente, ebollizione.
I fatti di Rosarno
non sono il frutto di un’occasionale manifestazione di rabbia, né
una vicenda che fa emergere un’eccezionale e intollerabile connubio
fra sfruttamento e razzismo. Ciò che è avvenuto e sta ancora
avvenendo, a Rosarno e dintorni, è la regola del gioco. E il gioco
si chiama capitalismo. Un capitalismo che, proprio come ai suoi
albori storici, basa le sue fortune sullo schiavismoimposto
ai proletari dai padroni (siano essi affiliati alla ‘ndrangheta,
o a qualunque altra filiera di industriali e finanzieri), sulla
repressione statale e poliziesca (sempre solerte a difenderne
gli interessi reprimendo chi vi si oppone), sulle falsità e le
mistificazioni dei media (che spaziano alternativamente dalla
criminalizzazione al buonismo peloso nei confronti degli immigrati e,
oggi più che mai, sul collante ideologico del razzismo, che
spesso ha gioco facile nel penetrare le coscienze già ammalate di
moltissimi idioti, che si riconoscono nella generica categoria di
“cittadini” (non parliamo di calabresi, né di
italiani in quanto tali) e aspettano ancora che lo stato li
protegga (ma da chi e da cosa?).
Ma
c’è una novità che attraversa, finalmente, la penisola
italiana.
Campagne, città, fabbriche, CIE, carceri speciali:
tutti i luoghi dove si consumano le nefandezze schiaviste di cui
sopra, sono sempre di più il teatro di battaglie accese, spesso
cruente, in ogni caso decisive.
Battaglie in cui il
proletariato immigrato si rende protagonista di lotte che tracciano
gli scenari presenti e futuri del conflitto di classe e che aprono
una breccia positiva all’interno di una società capitalista ormai
giunta alla frutta.
Non
suoni quindi pretestuoso, né strumentale, il nesso e il confronto
che vogliamo stabilire fra la rivolta di Rosarno e la recente
vittoria della lotta di Brembio
Per capirlo basta guardare in
faccia i vari protagonisti, il loro ruolo, gli interessi di classe
che difendono; a Brembio come a Rosarno, protette dalle leggi
razziali, dalla polizia, e nel caso lodigiano, anche dalle burocrazie
sindacali, vere e proprie organizzazioni mafiose governano il
processo produttivo, garantendo il massimo del profitto e del
controllo sociale ai grandi potentati economici (e, ovviamente, a sé
stesse).
Se dietro la rabbia degli immigrati di Rosarno c’è
evidentemente un’insopportabile condizione di sfruttamento
quotidiano, gli stessi ingredienti li abbiamo ritrovati a Brembio
dove la determinazione degli operai ha permesso di piegare
l’arroganza padronale della FIEGE, e della cooperativa sua alleata,
la famigerata UCSA (famigerata, appunto, per le logiche e le pratiche
mafiose che la caratterizzano)
Tra tante similitudini, c’è però
una differenza fondamentale: a Rosarno la rivolta degli immigrati è
stata purtroppo sconfitta; a Brembio gli operai hanno vinto la loro
battaglia e tutti i loro detrattori e aguzzini, hanno fatto marcia
indietro.
Comprendere le ragioni di tale
differenza è fondamentale. Noi le riassumiamo così: mentre a
Rosarno gli immigrati sono rimasti soli, circondati dallo
squadrismo razzista e poliziesco e dalle lacrime di coccodrillo di
chi fino a ieri ha fatto finta di non vedere (Certo! Perchè il
modello di immigrato da loro prediletto è quello dello zio Tom) a
Brembio, hanno incontrato la solidarietà attiva e militante di
chi fa della lotta di classe la propria ragione di esistere, rompendo
quell’isolamento e moltiplicando la forza dei proletari entrati in
lotta.
Ma ancor più importante che comprendere le ragioni di
sconfitte e vittorie è….battere il ferro finché e caldo. La
vittoria di Brembio, che fa seguito e si collega direttamente a
quello di Origgio, non deve restare un simbolo. Può e deve essere
uno strumento reale per allargare il fronte di chi sceglie
coscientemente la strada della lotta per difendere le proprie
condizioni di vita e per prendere in mano il proprio destino.
La
discussione non è affatto scontata e tante sono le scelte possibili
per trovare la giusta direzione, quella che permetterà di farla
finita con quell’enorme apparato di
intermediazione-sfruttamento-caporalato che finora ha imperversato
sovrano nei poli logistici della distribuzione lombarda.
Questa volta l’assemblea, costruita dai
diretti protagonisti di queste lotte, è davvero decisionale!
Comitato antirazzista millanese