Gino Lucetti (Carrara, 31 agosto 1900 – Ischia, 17 settembre 1943) anarchico e attentatore alla vita di Mussolini.
La vita
Gino Lucetti
Originario di Carrara (di Avenza, frazione di Carrara), Gino Lucetti nasce il 31 agosto 1900. Durante la prima guerra mondiale presta il servizio militare nei reparti d’assalto, in seguito, come accadde ad una parte degli Arditi d’Italia, che poi furono il nucleo fondatore degli Arditi del Popolo, maturò una coscienza politica che lo portò ad opporsi al fascismo. Emigrò in Francia, entrando subito in contatto con le Legioni di Ricciotti Garibaldi, da cui rientrò nel 1926 con il proposito di attentare alla vita di Mussolini.
Alle ore 10.20 di sabato 11 settembre 1926, sul piazzale di Porta Pia a Roma, Gino Lucetti esce dal riparo che si era scelto dietro ad un chiosco di giornali e lancia una bomba, fornitagli secondo la versione ufficiale dal cugino Gino Bibbi, contro l’automobile su cui viaggiava il dittatore [1] . La bomba rimbalza sulla macchina ed esplode a terra. Lucetti venne arrestato e in commissariato dichiarò: «Non sono venuto con un mazzo di fiori per Mussolini. Ero intenzionato di servirmi anche della rivoltella qualora non avessi ottenuto il mio scopo con la bomba».
Venne processato nel giugno 1927 e condannato all’ergastolo (la pena di morte venne reintrodotta nell’ordinamento italiano solo in seguito). Con lui vennero condannati a vent’anni come complici anche Leandro Sorio e Stefano Vatteroni (al Vatteroni si imputava, tra l’altro, d’aver commentato un passo del “Principe” in cui si parla dell’uccisione del tiranno), ma sull’organizzazione dell’attentato non è mai stata fatta piena luce. Una parte della storiografia, ha avanzato l’ipotesi che il gesto di Lucetti fosse stato accuratamente preparato e l’organizzazione avesse coinvolto numerose persone di varie città italiane. Comunque sia, in seguito, Vincenzo Baldazzi, uno dei massimi esponenti degli Arditi del Popolo e poi fra i capi della Resistenza romana, fu condannato per aver fornito la pistola a Lucetti, in seguito lo stesso Vincenzo Baldazzi fu nuovamente condannato per un aiuto finaziario fornito alla moglie di Lucetti.
Nel 1943, dopo 17 anni di detenzione, Lucetti fu liberato dagli Alleati ma morì poco dopo ad Ischia a causa di un bombardamento il 17 settembre 1943.
A Gino Lucetti sarà intitolata una Brigata partigiana anarchica, il battaglione Lucetti, che combatterà valorosamente nel carrarese. Di Lucetti ne parla, fra gli altri, Maurizio Maggiani ne Il Coraggio del Pettirosso.
Reazioni del regime all’attentato
Mussolini restò particolarmente turbato dal fatto che un potenziale tirannicida potesse arrivargli tranquillamente a pochi passi e per attenatare alla sua vita. Quasi immediatamente, per reazione, ordinò la sostituzione del capo della polizia.
Il 1° febbraio 1927 il Tribunale Speciale iniziò l’attività di dura repressione di tutto ciò che vagamente aveva a che vedere con l’antifascismo. Furono puniti esemplarmente episodi rilevanti (es. Zaniboni e lo stesso Lucetti) e anche quelli marginali: Caldo Doria fu condannato a 9 mesi di reclusione per aver esaltato l’atto di Lucetti; il 24 maggio 1928 Vicenzo Baldazzi, un esponente del Partito d’Azione, fu condannato a 5 anni di reclusione per aver dato un sussidio di 300 lire alla madre di Lucetti. Il tribunale volle vedere in questo gesto un atto politico antifascista piuttosto che un gesto umanitario.
Ricevettero dure condanne, oltre agli anarchici, anche i comunisti, gli antifascisti in genere e tutti coloro che “infangavano” il regime: per esempio, tale Giuseppe Pira fu condannato a 9 mesi di carcere per aver esclamato, riferendosi al Duce: << Li mortaci sui, stò puzzolente >>.
Qualche anno più avanti, con la reintroduzione della pena di morte, gli anarchici Michele Schirru e Angelo Sbardellotto furono condannati a morte solamente per aver progettato un attentato contro il “Duce”.