riceviamo e pubblichiamo il volantino distribuito a Benevento in merito ai recenti fatti della Val Susa
OVUNQUE NO TAV!
Dopo il partecipatissimo corteo di sabato 25 febbraio, che ha visto sfilare da Bussoleno a Susa più di 75 mila persone, riprende la guerra dello Stato italiano contro i valsusini e tutto il popolo No Tav.
Delusi dal non aver potuto manganellare le migliaia di persone presenti sabato in piazza, non si sono accontentati delle “cariche di alleggerimento” effettuate nella stazione di Torino Porta Nuova ai danni dei compagni che, di ritorno dal corteo, stavano prendendo il treno per Milano.
Alle 8 di Lunedì 27 Febbraio infatti, la polizia in assetto anti-sommossa è uscita dalle recinzioni del cantiere per la costruzione del tunnel geognostico ed ha circondato la Baita Clarea, dove c’è il presidio permanente dei No Tav, intimando ai pochi presenti in quel momento di andarsene.
Un’assemblea popolare tenutasi la sera prima aveva riconfermato la volontà di resistere in ogni caso allo sgombero del presidio e all’esproprio dei terreni che circondano il perimetro dell’attuale cantiere (che però, previsti per lunedì sera/martedì, sono stati evidentemente anticipati). Le truppe di occupazione dello Stato hanno a questo punto proceduto di forza. Un compagno, Luca, si è arrampicato su un traliccio e costretto a spingersi verso la cima dai poliziotti che volevano tirarlo giù, dopo essere stato folgorato da una scarica elettrica, è precipitato a terra dall’altezza di 10 metri.
La polizia non ha permesso agli altri compagni presenti sul posto di avvicinarsi e solo dopo 45 minuti dall’accaduto Luca è stato elitrasportato al CTO di Torino (è in coma farmacologico).
Tutto ciò accade dopo le dichiarazioni a raffica della scorsa settimana, strombazzate dalla stampa asservita al potere, di Piero Fassino, sindaco di Torino, che metteva in guardia dalla radicalizzazione di “certi movimenti” soprattutto in periodo di crisi; di Massimo D’Alema, che come capo del Copasir (Comitato parlamentare di sicurezza della Repubblica) approfitta dell’audizione da Monti per snocciolare allusioni in merito a presunte “minacce alla sicurezza nazionale”; del piagnucolone magistrato Caselli, che abituato al trionfo del silenzio che fino a qualche tempo fa ha caratterizzato il paese, si lamenta, dopo aver fatto arrestare 26 compagni per le battaglie dello scorso luglio in val susa, di non poter parlare in pubblico senza essere duramente contestato, e accusa i suoi contestatori di essere mafiosi chi semplicemente perché gli ricordano il lavoro che svolge: il “boia”; e del capo della polizia Antonio Manganelli, che come suo solito, alla vigilia di importanti appuntamenti di piazza, tende ad intimorire la gente, con una criminalizzazione preventiva, sproloquiando soprattutto sugli anarchici (è un affezionato!) e accusandoli di star preparando omicidi.
Come dimostrano i fatti, chi, non solo vuole il morto, ma manda anche i suoi solerti servi per portarselo a casa, sono Manganelli e chi gli paga lo stipendio.
Lo Stato continua ad attaccare, intimorito da chi, in tempi di crisi, rappresenta un esempio nella lotta, e una prospettiva di un futuro presente che si realizza nella lotta stessa; di chi si mette in mezzo sulla strada del Dominio, scegliendo da se i luoghi e i tempi; di chi non delega a nessuno, soprattutto a chi gioca anche oggi il walzer delle poltrone sulla pelle di tutti; di chi pratica autonomia, partecipazione, libertà.
In Val Susa, non si tratta di una “semplice” battaglia contro la devastazione di una valle, ma della costruzione di uno spazio altro di vita che attacca chi lucra sulle vite di noi tutti.
Lo Stato e la sua repressione ci assalgono senza sosta.
La Resistenza e la Gioia non avranno confini.
Solidarietà per la Valle che resiste. Libertà per gli arrestati del 26 gennaio che ancora marciscono in galera.